Le attività di formazione in
biblioteca nascono allo scopo di mettere sempre gli utenti, le persone, in
grado di usare nel miglior modo possibile la struttura, i servizi e le risorse,
nonché di avere chiare le proprie necessità informative e gli eventuali limiti
dei servizi di informazione.
Tali attività sono di vario tipo,
più o meno progettate e programmate, e spesso non visibili all’utente che ne
fruisce.
Riguardo alle attività non
visibili, esse consistono in una serie di azioni che sono quotidianamente messe
in atto nel servizio bibliotecario: per esempio, la segnaletica che guida alla
biblioteca, o gli avvisi sul funzionamento di alcuni strumenti, sono già
attività che consentono di apprendere il miglior modo di usare la biblioteca
stessa. A questi si aggiungono una serie di informazioni e indicazioni costantemente
fornite dal personale sull’uso di bibliografie, cataloghi, database, discovery
tool, portali o altri strumenti.
Le attività progettate e
programmate, ben visibili, sono invece tutte quelle che riguardano i diversi
livelli di user education e di information literacy.
La user education consiste in una
serie di indicazioni, sia estemporanee sia fornite nell’ambito di mini-corsi,
sull’uso concreto dei mezzi e degli strumenti dell’informazione, o
sull’utilizzo in generale della biblioteca. Essa può essere condotta anche
tramite la messa a disposizione di depliant, guide, tutorial eccetera.
La disseminazione dell’information
literacy, o ‘alfabetizzazione all’informazione’, ha una lunga tradizione, e può
andare dal livello di semplici attività di assistenza degli utenti, al livello
di corsi per la ricerca in biblioteca, fino al livello di corsi avanzati per la
strutturazione di ricerche complesse o per la messa a punto di piani di ricerca
veri e propri.
Le attività di user education e
di information literacy, in sostanza, consistono in un insieme di pratiche,
competenze e sensibilità che permettono al personale bibliotecario di far leva
sulle diverse attitudini delle persone, per consentirgli, in base al proprio
livello di preparazione, di raggiungere una certa consapevolezza dei propri
bisogni informativi, e quindi di riuscire a documentarsi in modo efficace, per
apprendere con attenzione e senso critico e per produrre e condividere
contenuti in modo consapevole e responsabile.
In biblioteca è da sempre diffuso
lo spirito del miglioramento dell’accesso alle risorse dell’informazione e
della conoscenza. Questo è strettamente collegato allo spirito della diffusione
dell’informazione verso tutte le persone, tutti i livelli della società, tutte
le società, in stretto rapporto con i progressi delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, affinché organizzazioni culturali e
nuove tecnologie insieme possano realmente contribuire allo sviluppo, per ogni
cittadino, della possibilità di esercitare i diritti civili, politici, economici,
sociali e culturali.
In tale direzione si muove la Lyon declaration, lanciata dall’International Federation of Library Associations
(IFLA) in agosto 2014.
A questo spirito sociale è
collegata l’opportuna implementazione, ma anche la necessaria ‘didattica’, di
ogni nuovo o vecchio strumento messo a disposizione dalle biblioteche. Ogni
biblioteca, dunque, dovrà preoccuparsi non solo di recepire nel modo più
adeguato i nuovi strumenti, ma anche di stabilire e insegnare agli utenti le
potenzialità e l’utilità dei nuovi strumenti in rapporto a quelli tradizionali,
di spiegare loro le differenze che li fanno restare distinti per distinti
scopi, così come di spiegare le strategie di ricerca, la valutazione critica
dei risultati, e i rischi dell’eccessiva disintermediazione.
In questo sono indispensabili le
attività di user education e information literacy. Si tratta di attività
primarie, distintive e qualificanti della biblioteca, come metodo di educazione
all’uso e alla valutazione di tutti gli strumenti di ricerca, e soprattutto per
l’educazione alla valutazione delle risorse da essi raggiunte, allo scopo di
guidare le persone verso i vantaggi dei nuovi metodi e sistemi di ricerca e scoperta, nonché per educare al
‘pensiero critico’ riguardo ai risultati ottenuti spesso con troppa facilità.
Si tratta, infine, di renderle
coscienti le persone, anche al di fuori delle biblioteche, nella società di cui
sono parte, delle criticità e degli svantaggi impliciti di atteggiamenti e
comportamenti non ben consapevoli durante la navigazione nell’universo
dell’informazione e, ancor più, della conoscenza.
Pinocchio viene arrestato da due carabinieri
(illustrazione di Carlo Chiostri, dal libro di Carlo Collodi Le avventure di Pinocchio, Bemporad, 1901)
Nel definire il sistema adatto
per ‘insegnare’ alle persone come trovare un punto di vista sull’universo
dell’informazione e della conoscenza, è impossibile non notare i cambiamenti e
le evoluzioni continue dell’information literacy in generale collegati allo
sviluppo tecnologico della società.
La tendenza più evidente è il
superamento della gerarchia tradizionale delle fonti dell’informazione, la
caduta del senso di maggior rispetto per fonti classicamente deputate a
sostenere lo sviluppo delle conoscenze, come quelle delle biblioteche, per
rivolgersi direttamente, senza sentire il bisogno di ‘assistenza’ e mediazione,
alle infinite fonti e risorse accessibili tramite il Web.
In questo universo interattivo,
accessibile e amichevole sono pur sempre necessarie competenze e abilità
specifiche per trattare gli strumenti informativi e le informazioni stesse, ma
nulla che non sia raggiungibile dalle persone da autodidatte o insieme ad altri
‘pari’.
Nei suoi circa quaranta anni di
tradizione, l’information literacy di cui si sono fatte carico le biblioteche
ha sempre mirato a dare alle persone le necessarie competenze per applicare le
risorse informative nelle proprie attività, per essere in grado di utilizzare i
diversi strumenti primari dell’informazione, in particolare cataloghi, banche
dati, e altri generi di affidabili strumenti.
Gli sviluppi del Web a cui
abbiamo assistito soprattutto nell’ultimo decennio, in ogni caso, impongono di
ripensare l’informazione come un flusso continuo e dinamico, prevasivo, che non
può essere semplicemente archiviato in un classico ‘silos’ di dati in attesa di
essere recuperato, né quantitativamente né tantomeno per le sue nuove qualità
di aggiornamento e sviluppo.
L’apprendimento delle tecnologie
digitali non è legato solo all’informazione, ovviamente, ed è considerato
sempre più determinante per lo sviluppo delle conoscenze, delle capacità e
della libertà dei cittadini. Importanti organismi internazionali come l’IFLA,
l’Unesco, l’Unione europea, o anche l’American Library Association (ALA), hanno inserito la digital literacy,
competenza ancora più ampia dell’information literacy, al centro di numerosi
progetti, riservando alle biblioteche un ruolo importante per la sua
realizzazione, che può giungere ad ampliare ancora il concetto di competenza
fino alla Information and media literacy (IML), che indica non solo la capacità di valutare i
contenuti informativi, ma anche quella di crearli padroneggiando i diversi
strumenti che hanno tale funzione.
Oltre a ciò, in Italia, il Piano Nazionale per la scuola digitale pubblicato nel 2015 (riferito alla legge107/2015, detta ‘la buona scuola’) considera information literacy e digital
literacy competenze essenziali per la popolazione del Ventunesimo secolo, da
fornire a partire dalle biblioteche scolastiche.
Limitando la discussione alle
biblioteche accademiche e degli istituti di ricerca, questi principi si
approfondiscono e diventano ancora più determinanti. L’information literacy
accademica è tenuta a seguire gli sviluppi e gli aggiornamenti delle
metodologie della ricerca, che a loro volta seguono gli sviluppi tecnologici, in
modo da conferire più potere ai ricercatori e agli studenti delle università,
nonché agli studiosi in genere.
La discussione sull’accoglimento di
nuovi e potenti strumenti quali i discovery tool, dunque, e la conseguente
maggiore attenzione all’istruzione delle persone che li devono usare, inizia
presto nell’ambito delle biblioteche accademiche e di ricerca.
L’information literacy è l’anello
di congiunzione delle questioni e la loro soluzione, in quanto solo
comprendendo bene i vantaggi e i limiti dei nuovi strumenti, i bibliotecari
possono essere in grado di integrarli perfettamente nei servizi per la ricerca
e in tal modo proporli e spiegarli ai ricercatori.
Nello stesso ambito accademico,
l’information literacy deve avere gradi diversi quando non indirizzata in
generale agli studenti, ma riguarda ricercatori di professione, docenti,
dottori di ricerca, impegnati nello sviluppo di teorie ed esperimenti.
Ferme restando le differenze
individuali tra persone più o meno predisposte all’approfondimento critico del
loro agire pratico e intellettuale, un’accurata riflessione sulla rinnovata
situazione tecnologica delle biblioteche e del loro contesto sociale, e la
conseguente predisposizione di un adeguato percorso di istruzione
all’information literacy, possono aiutare la comunità che si rivolge alle
biblioteche, e non solo a quelle accademiche, a trovare e utilizzare quel
potere che la conoscenza fornisce per agire in funzione dello sviluppo, del
progresso e del benessere, individuale e della società intera.
Riguardo all’attività di formazione delle biblioteche
di diversa tipologia, si può consultare la pagina web del Gruppo di studio sulla information literacy dell’Associazione italiana biblioteche (AIB).