giovedì 26 maggio 2016

Le parole della biblioteca: formazione in biblioteca

Le attività di formazione in biblioteca nascono allo scopo di mettere sempre gli utenti, le persone, in grado di usare nel miglior modo possibile la struttura, i servizi e le risorse, nonché di avere chiare le proprie necessità informative e gli eventuali limiti dei servizi di informazione.
Tali attività sono di vario tipo, più o meno progettate e programmate, e spesso non visibili all’utente che ne fruisce.

Riguardo alle attività non visibili, esse consistono in una serie di azioni che sono quotidianamente messe in atto nel servizio bibliotecario: per esempio, la segnaletica che guida alla biblioteca, o gli avvisi sul funzionamento di alcuni strumenti, sono già attività che consentono di apprendere il miglior modo di usare la biblioteca stessa. A questi si aggiungono una serie di informazioni e indicazioni costantemente fornite dal personale sull’uso di bibliografie, cataloghi, database, discovery tool, portali o altri strumenti.

Le attività progettate e programmate, ben visibili, sono invece tutte quelle che riguardano i diversi livelli di
user education e di information literacy.
La user education consiste in una serie di indicazioni, sia estemporanee sia fornite nell’ambito di mini-corsi, sull’uso concreto dei mezzi e degli strumenti dell’informazione, o sull’utilizzo in generale della biblioteca. Essa può essere condotta anche tramite la messa a disposizione di depliant, guide, tutorial eccetera.
La disseminazione dell’information literacy, o ‘alfabetizzazione all’informazione’, ha una lunga tradizione, e può andare dal livello di semplici attività di assistenza degli utenti, al livello di corsi per la ricerca in biblioteca, fino al livello di corsi avanzati per la strutturazione di ricerche complesse o per la messa a punto di piani di ricerca veri e propri.

Le attività di user education e di information literacy, in sostanza, consistono in un insieme di pratiche, competenze e sensibilità che permettono al personale bibliotecario di far leva sulle diverse attitudini delle persone, per consentirgli, in base al proprio livello di preparazione, di raggiungere una certa consapevolezza dei propri bisogni informativi, e quindi di riuscire a documentarsi in modo efficace, per apprendere con attenzione e senso critico e per produrre e condividere contenuti in modo consapevole e responsabile.

In biblioteca è da sempre diffuso lo spirito del miglioramento dell’accesso alle risorse dell’informazione e della conoscenza. Questo è strettamente collegato allo spirito della diffusione dell’informazione verso tutte le persone, tutti i livelli della società, tutte le società, in stretto rapporto con i progressi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, affinché organizzazioni culturali e nuove tecnologie insieme possano realmente contribuire allo sviluppo, per ogni cittadino, della possibilità di esercitare i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali.
In tale direzione si muove la Lyon declaration, lanciata dall’International Federation of Library Associations (IFLA) in agosto 2014.

A questo spirito sociale è collegata l’opportuna implementazione, ma anche la necessaria ‘didattica’, di ogni nuovo o vecchio strumento messo a disposizione dalle biblioteche. Ogni biblioteca, dunque, dovrà preoccuparsi non solo di recepire nel modo più adeguato i nuovi strumenti, ma anche di stabilire e insegnare agli utenti le potenzialità e l’utilità dei nuovi strumenti in rapporto a quelli tradizionali, di spiegare loro le differenze che li fanno restare distinti per distinti scopi, così come di spiegare le strategie di ricerca, la valutazione critica dei risultati, e i rischi dell’eccessiva disintermediazione.

In questo sono indispensabili le attività di user education e information literacy. Si tratta di attività primarie, distintive e qualificanti della biblioteca, come metodo di educazione all’uso e alla valutazione di tutti gli strumenti di ricerca, e soprattutto per l’educazione alla valutazione delle risorse da essi raggiunte, allo scopo di guidare le persone verso i vantaggi dei nuovi metodi e sistemi di  ricerca e scoperta, nonché per educare al ‘pensiero critico’ riguardo ai risultati ottenuti spesso con troppa facilità.
Si tratta, infine, di renderle coscienti le persone, anche al di fuori delle biblioteche, nella società di cui sono parte, delle criticità e degli svantaggi impliciti di atteggiamenti e comportamenti non ben consapevoli durante la navigazione nell’universo dell’informazione e, ancor più, della conoscenza.

 
Pinocchio viene arrestato da due carabinieri
(illustrazione di Carlo Chiostri, dal libro di Carlo Collodi Le avventure di Pinocchio, Bemporad, 1901)

Nel definire il sistema adatto per ‘insegnare’ alle persone come trovare un punto di vista sull’universo dell’informazione e della conoscenza, è impossibile non notare i cambiamenti e le evoluzioni continue dell’information literacy in generale collegati allo sviluppo tecnologico della società.
La tendenza più evidente è il superamento della gerarchia tradizionale delle fonti dell’informazione, la caduta del senso di maggior rispetto per fonti classicamente deputate a sostenere lo sviluppo delle conoscenze, come quelle delle biblioteche, per rivolgersi direttamente, senza sentire il bisogno di ‘assistenza’ e mediazione, alle infinite fonti e risorse accessibili tramite il Web.
In questo universo interattivo, accessibile e amichevole sono pur sempre necessarie competenze e abilità specifiche per trattare gli strumenti informativi e le informazioni stesse, ma nulla che non sia raggiungibile dalle persone da autodidatte o insieme ad altri ‘pari’.

Nei suoi circa quaranta anni di tradizione, l’information literacy di cui si sono fatte carico le biblioteche ha sempre mirato a dare alle persone le necessarie competenze per applicare le risorse informative nelle proprie attività, per essere in grado di utilizzare i diversi strumenti primari dell’informazione, in particolare cataloghi, banche dati, e altri generi di affidabili strumenti.
Gli sviluppi del Web a cui abbiamo assistito soprattutto nell’ultimo decennio, in ogni caso, impongono di ripensare l’informazione come un flusso continuo e dinamico, prevasivo, che non può essere semplicemente archiviato in un classico ‘silos’ di dati in attesa di essere recuperato, né quantitativamente né tantomeno per le sue nuove qualità di aggiornamento e sviluppo.

L’apprendimento delle tecnologie digitali non è legato solo all’informazione, ovviamente, ed è considerato sempre più determinante per lo sviluppo delle conoscenze, delle capacità e della libertà dei cittadini. Importanti organismi internazionali come l’IFLA, l’Unesco, l’Unione europea, o anche l’American Library Association (ALA), hanno inserito la digital literacy, competenza ancora più ampia dell’information literacy, al centro di numerosi progetti, riservando alle biblioteche un ruolo importante per la sua realizzazione, che può giungere ad ampliare ancora il concetto di competenza fino alla Information and media literacy (IML), che indica non solo la capacità di valutare i contenuti informativi, ma anche quella di crearli padroneggiando i diversi strumenti che hanno tale funzione.
Oltre a ciò, in Italia, il Piano Nazionale per la scuola digitale pubblicato nel 2015 (riferito alla legge107/2015, detta ‘la buona scuola’) considera information literacy e digital literacy competenze essenziali per la popolazione del Ventunesimo secolo, da fornire a partire dalle biblioteche scolastiche.

Limitando la discussione alle biblioteche accademiche e degli istituti di ricerca, questi principi si approfondiscono e diventano ancora più determinanti. L’information literacy accademica è tenuta a seguire gli sviluppi e gli aggiornamenti delle metodologie della ricerca, che a loro volta seguono gli sviluppi tecnologici, in modo da conferire più potere ai ricercatori e agli studenti delle università, nonché agli studiosi in genere.

La discussione sull’accoglimento di nuovi e potenti strumenti quali i discovery tool, dunque, e la conseguente maggiore attenzione all’istruzione delle persone che li devono usare, inizia presto nell’ambito delle biblioteche accademiche e di ricerca.
L’information literacy è l’anello di congiunzione delle questioni e la loro soluzione, in quanto solo comprendendo bene i vantaggi e i limiti dei nuovi strumenti, i bibliotecari possono essere in grado di integrarli perfettamente nei servizi per la ricerca e in tal modo proporli e spiegarli ai ricercatori.
Nello stesso ambito accademico, l’information literacy deve avere gradi diversi quando non indirizzata in generale agli studenti, ma riguarda ricercatori di professione, docenti, dottori di ricerca, impegnati nello sviluppo di teorie ed esperimenti.

Ferme restando le differenze individuali tra persone più o meno predisposte all’approfondimento critico del loro agire pratico e intellettuale, un’accurata riflessione sulla rinnovata situazione tecnologica delle biblioteche e del loro contesto sociale, e la conseguente predisposizione di un adeguato percorso di istruzione all’information literacy, possono aiutare la comunità che si rivolge alle biblioteche, e non solo a quelle accademiche, a trovare e utilizzare quel potere che la conoscenza fornisce per agire in funzione dello sviluppo, del progresso e del benessere, individuale e della società intera.

L’impegno delle biblioteche accademiche nell’organizzazione di attività di formazione è stato mappato da un gruppo di lavoro dell’Università Sapienza di Roma: User education e information literacy nelle biblioteche accademiche italiane.
 
Riguardo all’attività di formazione delle biblioteche di diversa tipologia, si può consultare la pagina web del Gruppo di studio sulla information literacy dell’Associazione italiana biblioteche (AIB).


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